Forse l’hai vista, di certo ne hai sentito parlare: una serie TV di grande successo ha fatto tornare di moda gli 883 (non che ne avessero bisogno). Mi è sembrata una buona scusa per parlare della nostalgia: un’emozione potente, che ci spinge a scavare nel passato alla ricerca dei suoi momenti migliori.
È grazie alla nostalgia che abbiamo potuto riabbracciare gli Happy Hippo, le Polaroid, i telefoni a conchiglia, i vestiti vintage, Max Pezzali e perfino Mauro Repetto.
Come funziona la nostalgia? E a cosa serve?
Quando uno studente di medicina del XVII secolo le diede finalmente un nome, la nostalgia era lo “struggente desiderio di ritornare al paese natio”: uno stato d’animo tipico dei soldati partiti per il fronte, che si manifestava con febbre alta e capogiri e si curava con oppio e sanguisughe.
Oggi questa emozione ha assunto un significato più sfumato. Grazie al contributo di molte ricerche scientifiche, al velo di tristezza che ricopre cose, persone e situazioni passate che non potremo più vivere si sono aggiunti dei significati positivi.
Tutti insieme nostalgicamente
La nostalgia è un’emozione universale, ma che a seconda della lingua (e quindi della cultura) assume sfumature diverse. In tedesco si chiama sehnsucht e ha un’aria particolarmente tragica: indica una struggente brama per qualcosa che potrebbe non essere mai stato, o che si percepisce come irraggiungibile.
In giapponese si chiama natsukashii, un termine che esprime apprezzamento e gratitudine per il passato, più che desiderio di riviverlo. Come altre parole, in francese diventa particolarmente romantica: la nostalgie è associata a una riflessione poetica sul tempo che passa. La saudade brasiliana è invece una combinazione di tristezza e amore per ciò che è stato.
Al di là dei nomi, ci abbandoniamo alla nostalgia circa due o tre volte a settimana. E lo facciamo soprattutto nei momenti di forte stress, quando attraversiamo una fase di grandi cambiamenti, quando viviamo eventi o esperienze che evocano ricordi e quando chiediamo ad Alexa di far partire Spotify.
Infatti, le melodie e i suoni familiari attivano aree del cervello legate alla memoria emotiva: questo fa della musica uno dei principali veicoli della nostalgia. Un ottimo modo per ripensare agli anni d’oro del grande Real, agli anni delle immense compagnie e a quelli in motorino, sempre in due.
Dott.ssa D’Acuti Arianna
Psicologa clinica e Psicoterapeuta psicoanalitica Avellino
Psicologa clinica e psicoterapeuta psicoanalitica a Avellino (AV)
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