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Psicologa clinica e psicoterapeuta psicoanalitica

Dott.ssa D’Acuti Arianna

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Hanno ucciso l'uomo ragno

Forse l’hai vista, di certo ne hai sentito parlare: una serie TV di grande successo ha fatto tornare di moda gli 883 (non che ne avessero bisogno). Mi è sembrata una buona scusa per parlare della nostalgia: un’emozione potente, che ci spinge a scavare nel passato alla ricerca dei suoi momenti migliori.

È grazie alla nostalgia che abbiamo potuto riabbracciare gli Happy Hippo, le Polaroid, i telefoni a conchiglia, i vestiti vintage, Max Pezzali e perfino Mauro Repetto.

Come funziona la nostalgia? E a cosa serve?

Quando uno studente di medicina del XVII secolo le diede finalmente un nome, la nostalgia era lo “struggente desiderio di ritornare al paese natio”: uno stato d’animo tipico dei soldati partiti per il fronte, che si manifestava con febbre alta e capogiri e si curava con oppio e sanguisughe.

Oggi questa emozione ha assunto un significato più sfumato. Grazie al contributo di molte ricerche scientifiche, al velo di tristezza che ricopre cose, persone e situazioni passate che non potremo più vivere si sono aggiunti dei significati positivi.

  1. La nostalgia aggiunge senso alla vita. In un esperimento del 2008, a 27 persone venne dato da leggere un saggio sull’inevitabilità della morte: i più nostalgici tendevano a dare un valore maggiore alla propria esistenza e a concedere meno spazio ai pensieri di morte.
  2. Ha una funzione analgesica. In un altro esperimento, un gruppo di persone è stato esposto a fotografie legate all’infanzia e a generiche immagini del passato. Nel mentre, veniva sottoposto anche a stimoli dolorosi: chi guardava gli scatti legati ai propri ricordi avvertiva meno dolore. La risonanza magnetica registrò l’aumento dell’attività del talamo e la diminuzione di quella legata ai centri del dolore.
  3. Riduce lo stress. Secondo la psicologa clinica Valentina Stoycheva: «Il trauma divide la nostra linea temporale in un prima e un dopo» e ci spinge a identificare tutto ciò che viene prima come roseo e felice: un luogo ideale in cui tornare con la mente quando abbiamo bisogno di conforto prêt-à-porter.
  4. Può cambiare il futuro. La nostalgia si basa sulla memoria autobiografica, un processo complesso influenzato da percezioni, emozioni e narrazioni personali che amano cambiare. Questa “storia” che costruiamo ci definisce e crea il ponte che collega passato, presente e futuro. Determiniamo così il nostro avvenire, in base a ciò che scegliamo di fare.

Tutti insieme nostalgicamente

La nostalgia è un’emozione universale, ma che a seconda della lingua (e quindi della cultura) assume sfumature diverse. In tedesco si chiama sehnsucht e ha un’aria particolarmente tragica: indica una struggente brama per qualcosa che potrebbe non essere mai stato, o che si percepisce come irraggiungibile.

In giapponese si chiama natsukashii, un termine che esprime apprezzamento e gratitudine per il passato, più che desiderio di riviverlo. Come altre parole, in francese diventa particolarmente romantica: la nostalgie è associata a una riflessione poetica sul tempo che passa. La saudade brasiliana è invece una combinazione di tristezza e amore per ciò che è stato.

Al di là dei nomi, ci abbandoniamo alla nostalgia circa due o tre volte a settimana. E lo facciamo soprattutto nei momenti di forte stress, quando attraversiamo una fase di grandi cambiamenti, quando viviamo eventi o esperienze che evocano ricordi e quando chiediamo ad Alexa di far partire Spotify.

Infatti, le melodie e i suoni familiari attivano aree del cervello legate alla memoria emotiva: questo fa della musica uno dei principali veicoli della nostalgia. Un ottimo modo per ripensare agli anni d’oro del grande Real, agli anni delle immense compagnie e a quelli in motorino, sempre in due.



Dott.ssa D’Acuti Arianna
Psicologa clinica e Psicoterapeuta psicoanalitica Avellino

Dott.ssa D’Acuti Arianna

Psicologa clinica e psicoterapeuta psicoanalitica a Avellino (AV)
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